Psicologia nelle relazioni amorose: riflessioni per S. Valentino
14 Febbraio 2023World Health Day: la salute come unità di mente e corpo
7 Aprile 2023Per la Festa della Donna, ovvero nella Giornata internazionale della Donna, si celebrano l’emancipazione femminile e le nostre conquiste sociali, mentre si denunciano le violenze e le discriminazioni che molte di noi sono ancora costrette a subire.
Ora ti faccio una domanda provocatoria, non tanto in qualità di psicologa, ma proprio come esponente convinta del mondo femminile:
“In un’epoca dominata dall’annullamento delle stereotipie di genere e dalla libertà di espressione, orientata al raggiungimento delle pari opportunità, che ruolo riveste la donna? E soprattutto si può ancora parlare di donna?”
Mi chiedo: nell’epoca del gender fluid (forse ancora per un po’ di esclusivo appannaggio dei giovani) come si colloca la donna che si sente donna? Specie nel nuovo contesto socio culturale che si rispecchia nel linguaggio inclusivo, caratterizzato dall’utilizzo dello schwa “ə” o dell’asterisco neutro, a sostituire la desinenza femminile e maschile, davvero c’è spazio per parlare di mondo e discriminazione femminile?
Femminilità, mascolinità
Femminilità e mascolinità oggi non sono più rigidi modelli polarizzanti ma accolgono vissuti personali e interpretazioni soggettive, che ne smussano alcune delle tradizionali diversità: la mancanza di rigidità ha però un suo rovescio della medaglia, perché può essere una minaccia dell’integrità di un Sé diviso fra la ricerca della propria espressione autentica e l’esasperato bisogno di approvazione sociale, intriso di bassa autostima e ansia da prestazione.
Per me dunque, la risposta alla precedente domanda è sì: ha senso parlare ancora dell’essere Donna. Io amo essere donna e amo le donne: mi riferisco a una figura femminile che si è evoluta negli anni, che si è battuta per i propri diritti e per la conquista di una pluralità di ruoli; una donna sempre più impegnata nei più diversi contesti (sociali, lavorativi, familiari), mantenendo in tutto questo i suoi panni originari di DONNA. Senza più cadere nella trappola della perfezione, o della ricerca continua di approvazione e ammirazione da parte degli altri.
Rivelare lo splendore del Sé
Mi riferisco anche a una donna non più costretta a scegliere tra il corpo e la mente: mi rivolgo a colei che nella società degli smartphone e nell’impero dell’immagine non accetta di essere succube dei selfie come unica misura del proprio successo, schiava degli standard di bellezza e di seduzione imposti dalla community delle influencer.
Mi rivolgo a una donna che nella sua ricerca di bellezza non insegue un canone estetico universale irraggiungibile, portatore di scarsa autostima e di vissuti di estraneità per il proprio corpo, ma esprime il bisogno di rivelare lo splendore del sé nel benessere, come intima connessione.
Donne: parità sì, parità no?
È un fatto che parole come indipendenza, libertà sessuale, sexy, età matura, SI, NO, assumano ancora significati diversi a seconda che siano riferite a uomo o donna (concedetemi di semplificare nel discorrere dei due generi, pur ammettendo la fluidezza e mobilità dei confini attuali in materia). Dolcezza, fragilità, tenerezza, sensibilità, tipiche del ruolo femminile tradizionale, sono ancora tra le caratteristiche attribuibili alla donna? E soprattutto, la donna le vuole ancora fare proprie, oppure le rifugge, nel tentativo di inseguire ideali di durezza e distacco emotivo, come strumenti di maggiore inclusione in un mondo lavorativo in molti settori ancora dominato dagli uomini?
Eppure, preservare la propria dolcezza non vuole dire affatto soccombere all’arrendevolezza e alla passività. Come vengono superati gli stereotipi dei diversi generi, così dobbiamo lasciarci alle spalle queste stereotipie di ruolo, in qualità di donne ormai immuni al senso di colpa indotto, che coltivano il loro cervello e nutrono la loro determinazione, senza il timore di mostrarsi fragili, sensibili e seduttive.
Purtroppo ci sono ancora tante donne sottomesse ai mariti, vittime di violenza familiare, oggetto di abusi sul posto di lavoro e vittime di stalking. Donne giudicate, maltrattate e sottovalutate.
E ci sono donne che decidono di non procreare e di non vivere l’esperienza della maternità. Donne che dedicano la loro vita alla carriera e alla gratificazione professionale. Donne che non allattano i figli, per paura di rovinarsi il seno. Donne che sacrificano la loro indipendenza economica per dedicarsi alla famiglia. Donne che decidono di fare le mamme single, andando all’estero e “comprando” spermatozoi per non rinunciare al loro bisogno di maternità. Chi siamo noi per giudicarle?
Tutte possono fare tutto, sempre con consapevolezza
Dal mio punto di vista, nel rispetto dell’altro e del senso civile, tutte possono fare tutto, ma con CONSAPEVOLEZZA. In psicoterapia non si inseguono ideali, mode, tendenze, non si fanno dissertazioni politiche e sociali: il focus è su di noi e si riflette sulle nostre relazioni amorose, di lavoro, sociali. Qui ci si ascolta profondamente e si prende una strada che appartiene solo a noi. Una strada senza ritorno? No. Si può sempre tornare indietro e cambiare direzione, se lo si fa con la maturità di scelta, senza le dinamiche della sperimentazione esasperata. La vita del resto è sempre una scelta: sta a te scegliere il tipo di donna che DESIDERI e soprattutto SENTI di essere.
Con il mio metodo Senti,Nutri,Ama io posso aiutarti in tutto questo. Parola di donna, parola di psicologa.
Susanna Grassi, psicologa
“In poche sedute posso aiutarti a sviluppare strategie percettive e comportamentali che nutrono il tuo benessere psicofisico e l’autostima.”