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1 Marzo 2024Qualche giorno fa in una diretta Facebook ospite di Lisa Dalla Noce ho avuto il piacere di parlare della gentilezza e dei suoi effetti benefici sul benessere personale e sulle relazioni nella sua dimensione sociale e collettiva.
La gentilezza è una virtù meravigliosa che ha a che fare con la comprensione e l’attenzione per gli altri: è la capacità di trattare le altre persone – e se stessi in primis – con dolcezza e con la necessaria cura.
Appartiene a chi è in grado di dare valore alla vita altrui, riconoscendone la preziosità e la dignità. Purtroppo oggi sembra essere una virtù in declino, dal momento che la nostra attenzione è sempre più concentrata su noi stessi e su ciò che di noi “dobbiamo” mostrare agli altri, anziché sul benessere degli altri.
Se quest’ultimo atteggiamento dal punto di vista della psicologia compromette il nostro equilibrio interiore, la gentilezza è invece un moto dell’animo che contribuisce positivamente al nostro benessere personale e alle relazioni, quindi alla nostra felicità.
Il forte legame tra gentilezza e autostima
Sotto questo aspetto è una dote fortemente connessa all’autostima: quando ci sentiamo bene con noi stessi, siamo più propensi a essere gentili con gli altri, mentre nel mondo di oggi vediamo quanto spesso le persone riversino le proprie inquietudini, frustrazioni e malumori sugli altri.
Gli altri fungono spesso da specchi dei nostri insuccessi, non perché siano necessariamente migliori di noi, ma perché noi siamo sempre meno indulgenti con noi stessi, tanto da percepirci il più delle volte inadeguati, privi di un valore meritevole di amore e attenzione.
Chi possiede una solida autostima, riesce a essere più gentile perché riesce ad essere soddisfatto di sé, riconosce le proprie qualità e non è vittima di un sentimento di autosvalutazione che sfocia spesso nell’invidia. È più aperto a comprendere meglio il mondo dell’altro, a “sentire” l’altro, a provare proprio quell’empatia e quella compassione che sono alla base della gentilezza.
Gentilezza è un prendersi cura, è essere teneri e amorevoli nei confronti dell’altro: la gentilezza quindi richiama l’importante concetto di altruismo e generosità, tema particolarmente rilevante in un’epoca caratterizzata dall’individualismo, dove è essenziale recuperare la dimensione sociale e collettiva del benessere, perché siamo sempre più soli e abbiamo di fatto bisogno degli altri, non nei termini di dipendenza o di controllo che spesso si riscontrano in relazioni tossiche e malsane, ma perché abbiamo bisogno di cooperare, di condividere con gli altri, e nel farlo ci aiuta la gentilezza.
Sii gentile con te stessa
Essere gentili non significa giustificare e accettare qualsiasi trattamento che l’altro ci riserva. Ci sono momenti in cui persone ci feriscono profondamente, causandoci dolore. In tali circostanze, è fondamentale saper gentili con noi stesse, concedendoci il permesso di allontanarci da situazioni e relazioni dannose. Dobbiamo avere la forza di mettere distanza tra noi e chi ci provoca sofferenza, riconoscendo interiormente di meritare un amore sano, lontano da dinamiche tossiche.
In generale, è essenziale praticare la compassione verso noi stesse, evitando di diventare vittime di giudizi severi. Troppo spesso ci trattiamo con eccessiva durezza, imponendoci standard di perfezione e controllo. Dobbiamo essere sempre performanti, sempre perfette, sempre all’altezza di ogni situazione e non ci concediamo la minima sbavatura.
È importante in questi casi imparare a coltivare la gentilezza nei confronti di noi stesse, accettando i nostri limiti e perdonando le nostre fragilità. La gentilezza, in questo contesto, significa abbracciare la nostra umanità e concederci il diritto di essere imperfette.
Ma gentili si nasce o si diventa?
La gentilezza così come la cattiveria non è innata. Giocano un ruolo importante i modelli comportamentali sviluppatisi nell’infanzia, le esperienze di base date dall’ambiente circostante in cui siamo immersi.
Quindi è importante domandarsi se il bambino fin da piccolo è cresciuto in un ambiente amarevole in cui è stato visto, valorizzato, protetto, guidato in modo sano o se non è stato libero di esprimersi e cresciuto a contatto con la violenza, la rabbia e l’aggressività.
Quando si alterano i funzionamenti
Chi nasce in ambienti carenti di affettività, violenti, o dove non gli è permesso di esprimersi e aprirsi al mondo per come è, rischia con il tempo di accumulare rabbia, rancore e frustrazione, sentimenti che logorano e che sono all’antitesi dell’empatia e della gentilezza
Anche crescendo si possono alterare i funzionamenti dell’amare e essere amati legati alla gentilezza. I social network hanno un ruolo di primo piano nell’alimentare atti di cattiveria e di mancata gentilezza. L’assenza di vicinanza infatti ci deresponsabilizza e ci legittima a sfogare le nostre frustrazioni, protetti come siamo dallo scudo di uno schermo e di una tastiera. Gli hater ne sono un esempio.
Perché la gentilezza fa bene anche alla nostra bellezza?
Perché la bellezza è legata al benessere: se siamo gentili stiamo bene, i nostri muscoli del viso si distendono, il nostro sguardo si apre, la nostra espressione del volto si addolcisce e si ammorbidisce. Risultiamo meno corrucciati, tesi e quindi più luminosi e belli.
È importante allenare la gentilezza verso gli altri a partire dalla quotidianità, attraverso piccoli gesti e sorrisi che contribuiscono a sciogliere tensioni, inducendo una sensazione di calma.
Grazie alla gentilezza ritroviamo la calma e il benessere
Quando compiamo un atto gentile ci sentiamo subito bene, proviamo un senso di soddisfazione. Anche a livello fisiologico il compiere gesti gentili può stimolare il rilascio di serotonina e ossitocina, che sono i neurotrasmettori regolatori del benessere, del piacere, della tranquillità. Insomma essere gentili ci fa essere più felici. E questo ovviamente ha ripercussione anche sul nostro stato di salute. Perché nel benessere troviamo la calma, l’allentamento del controllo e dello stato di costante vigilanza, mentre diminuisce lo stato di stress che è uno stato di attivazione continua.
Come poterci allenare alla gentilezza?
Partendo in primis da noi, praticando l’auto compassione e ammettendo le nostre imperfezioni, cercando sì di migliorare, ma con consapevolezza, amore e allontanando il giudizio. Con gli altri è utile praticare la gentilezza cominciando con piccoli gesti quotidiani: un sorriso, un abbraccio, una parola dolce che a noi costa poco ma regala calore a chi la riceve, e questo calore avrà poi un effetto anche sul nostro stesso benessere.
Susanna Grassi, psicologa
“In poche sedute posso aiutarti a sviluppare strategie percettive e comportamentali che nutrono il tuo benessere psicofisico e l’autostima.”