La psicologia dietro la maschera: andare oltre l’apparenza
30 Novembre 2023Gentilezza… La miglior cura per il proprio benessere
31 Gennaio 2024Non ho una specializzazione in psicologia dello sport ma in quanto sportiva amatoriale e mamma di giovanissima atleta, ho molto a cuore questo tema, perché considero lo sport un momento fondamentale della crescita e dell’educazione di bambini e ragazzi.
Oggi, fortunatamente, si parla sempre più spesso della necessità di implementare programmi di educazione emozionale e affettiva nelle scuole. Personalmente, credo che iniziative di questo genere dovrebbero occupare un ruolo di rilievo anche nell'ambito sportivo. Ritengo infatti che gli interventi educativi, per essere davvero efficaci, debbano essere proposti in una rete integrata, senza trascurare altri spazi significativi nella formazione e nella quotidianità dei nostri ragazzi, oltre a quello scolastico, come ad esempio i momenti dedicati allo sport.
Gli effetti positivi dello sport sulla psiche
Gli effetti positivi dello sport, inteso come attività fisica, sono stati ampiamente supportati da diversi studi scientifici. La pratica regolare di attività fisica ha dimostrato una notevole riduzione dello stress, sia a livello acuto che cronico (Murray & Cardinale, 2015). Questo beneficio è correlato al rilascio di endorfine, sostanze chimiche prodotte dal corpo durante l'esercizio fisico, note per migliorare il benessere generale (Goldfarb & Jamurtas, 1997).
In aggiunta, l'attività fisica regolare offre altri importanti vantaggi a livello psicologico. Essa contribuisce allo sviluppo di una maggiore fiducia in sé stessi (Duman, 2005) e ha dimostrato di ridurre significativamente i sintomi di depressione e ansia. Particolarmente rilevante è il fatto che l'esercizio fisico, soprattutto se svolto all'aperto, può aumentare i livelli di serotonina, stimolando gli ormoni adrenalina e noradrenalina, che contribuiscono a migliorare l'umore complessivo. Inoltre, favorisce un sonno di migliore qualità, confermando gli impatti positivi dello sport su vari aspetti del benessere fisico e mentale senza tralasciare il sistema immunitario (Jonsdottir, 2000).
Le competenze sociali e relazionali che lo sport favorisce
La pratica sportiva è associata anche a miglioramenti nella concentrazione, nello sviluppo cognitivo, nell'autocontrollo, nell'assertività e nella creatività. Attraverso l'impegno in discipline sportive, i ragazzi apprendono il problem-solving e acquisiscono la capacità di lavorare in modo mirato verso obiettivi specifici.
La partecipazione agli sport di squadra favorisce l'abitudine a cooperare con gli altri membri del team, sviluppando competenze relazionali e promuovendo l'empatia. Questa interazione sociale positiva contribuisce alla formazione di persone ben equilibrate e consapevoli, che possono applicare gli insegnamenti appresi nello sport anche al di fuori dell'ambiente sportivo.
Perché insisto sull’educazione emotiva in ambito sportivo
In sostanza perché insisto sull’educazione in ambito sportivo? Perché attraverso la pratica sportiva, bambini e ragazzi possono acquisire una serie di competenze fondamentali per la loro crescita e benessere. La pratica sportiva è una palestra di vita, dove si imparano lezioni importanti.
In altre parole lo sport offre l'opportunità di riconoscere e sviluppare le proprie capacità, contribuendo a costruire autostima e un senso di autoefficacia. Attraverso la competizione e il confronto con gli altri, si impara a gestire sia le vittorie che le sconfitte, riconoscendo i propri limiti e accettando il valore della disciplina e del rispetto delle regole.
Un aspetto cruciale a questo proposito è la gestione della frustrazione legata alla sconfitta, un tema rilevante nell'ambito delle relazioni. Infatti la pratica sportiva offre un terreno sicuro per sperimentare e apprendere come affrontare le delusioni e le difficoltà, trasferendo queste competenze alla sfera relazionale.
Gli aspetti disfunzionali della pratica sportiva
Detto così, lo sport potrebbe essere interpretato come la panacea a tutti i disagi giovanili. È un po’ come se ti stessi dicendo: “Fagli fare sport e tuo figlio e vivrà per sempre felice e contento.”
Tuttavia, la realtà è molto più sfaccettata, perché coesistono diversi elementi da considerare. Lo sport, specialmente quando praticato a livelli competitivi, non è sempre portatore solo di benefici positivi.
Gli aspetti difficili da valutare includono l'allenamento intensivo, le pressioni legate alle prestazioni, il rapporto con l'allenatore e i compagni di squadra, e le aspettative dei genitori, che possono diventare fonti di notevole disagio, invece che di piacere. L'impegno eccessivo o le aspettative irrealistiche possono creare uno stress che va oltre i confini salutari, mettendo a repentaglio il benessere emotivo del giovane atleta.
Quindi, posto che lo sport può certamente contribuire alla crescita e allo sviluppo di ognuno, è essenziale affrontare anche questi aspetti complessi in modo olistico, cercando un equilibrio tra l'entusiasmo per la pratica sportiva e la salvaguardia della salute mentale e del benessere globale del giovane.
La pressione crescente della performance e il ruolo dei genitori
Del resto viviamo in un'epoca in cui c'è una pressione sempre crescente sulla performance, che spinge i bambini a perdere il lato ludico e divertente dello sport. La competizione, come a scuola, diventa un terreno di valutazione e giudizio, mettendo i ragazzi nella posizione di sentirsi obbligati a prestazioni sempre migliori, a essere i primi, per confermare il proprio valore personale. Questa pressione non solo proviene dagli allenatori, ma soprattutto dai genitori, le cui aspettative possono incidere sul modo in cui i giovani percepiscono se stessi e il loro coinvolgimento nello sport. La sfida è trovare un giusto equilibrio, tale da preservarne la natura giocosa e formativa, invece di farne un peso psicologico aggiuntivo per i giovani atleti.
Non sono rari i genitori che, intervenendo nelle decisioni degli allenatori e incitando i propri figli a gran voce durante gare e allenamenti, creano situazioni a dir poco problematiche. Questa dinamica, presente da sempre, era una volta limitata dalla maggiore autorità degli allenatori e degli insegnanti, che ne gestivano autorevolmente le intromissioni. Oggi, la crescente pressione sulle prestazioni dei ragazzi, la paura del fallimento e il desiderio iperprotettivo di evitare loro delusioni basato spesso su proiezioni personali dei genitori, contribuiscono a rendere più difficile gestire queste interferenze. Manca, inoltre, il rispetto per le figure autorevoli, a partire proprio dagli adulti.
Un genitore invadente non solo crea disagio per il figlio, ma gli attribuisce una responsabilità che va oltre la singola competizione o performance. Tale comportamento, inoltre, legittima il figlio nel mancare di rispetto a chi, per ruolo e autorità, dovrebbe prendere decisioni al suo posto. In definitiva, un genitore invadente mette in imbarazzo il proprio figlio e contribuisce a minare la fiducia e il rispetto nei confronti delle figure di riferimento.
Nello sport, la priorità è ascoltare il proprio corpo, seguire le indicazioni dell'allenatore, e imparare ad accettare sia la vittoria sia la sconfitta, con la frustrazione che ne consegue. L’umiltà gioca un ruolo chiave: è fondamentale essere umili, percepire la realtà oggettiva, evitando di lasciarsi trascinare dalle aspettative eccessive di un genitore ambizioso.
Inoltre, è essenziale stabilire connessioni positive con gli altri, sia negli sport di squadra che in quelli individuali. In un contesto di squadra, il senso di appartenenza si estende al club sportivo, indipendentemente dalla disciplina individuale, e l'importanza di indossare la stessa maglia sottolinea l'unità e la collaborazione all'interno del team. Questi valori contribuiscono non solo al successo sportivo, ma favoriscono lo sviluppo di una mentalità rispettosa e orientata al raggiungimento di obiettivi comuni.
Per concludere
Se desideriamo che i nostri giovani crescano con umiltà, educazione e capacità di affrontare il rifiuto, invece che nell’arroganza, dobbiamo dare noi il buon esempio, poiché siamo le figure di riferimento più significative nelle loro vite.
Dobbiamo imparare a essere fan, ma sostenitori dagli spalti, non quelli sul bordo campo con un megafono in mano. Sì, possiamo motivarli, ma dobbiamo anche essere pronti ad accogliere le loro delusioni senza cercare di evitarle con artifici che finiscono solo per indebolirli. È nell'affrontare la delusione e nell'apprendere a gestirla che si costruiscono le basi per una crescita resiliente e orientata alla maturità emotiva.
So quanto può essere difficile vedere il proprio figlio disperarsi a causa di una sconfitta in una gara o partita. Tuttavia, come genitori siamo la sua guida e abbiamo il compito di dare l'esempio. Per insegnargli ad accettare la sconfitta, dobbiamo essere i primi a farlo, anche se può essere doloroso. Gestire le delusioni fa parte del percorso di crescita e del naturale sviluppo emotivo, e il nostro ruolo è fornire un sostegno amoroso mentre i nostri figli imparano a farlo. La nostra stessa capacità di affrontare la delusione con maturità e resilienza diventa un potente esempio, aiutandoli a sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide della vita in modo costruttivo.
Susanna Grassi, psicologa
“In poche sedute posso aiutarti a sviluppare strategie percettive e comportamentali che nutrono il tuo benessere psicofisico e l’autostima.”
Contattami per un primo appuntamento